
Come riconoscere le fake news che arrivano dalla guerra in Ucraina
È una guerra combattuta non solo a colpi di bombe e di mortai, quella tra Russia e Ucraina. È una guerra combattuta anche con l’informazione, con le notizie, con l’influenza culturale e mediatica. Basti pensare ai numeri del conflitto: per Zelensky infatti i soldati russi caduti sul campo sono oltre 15 mila, per Putin invece non arrivano ai 2 mila. Un gioco delle parti, insomma, che non tiene conto dell’unico dato incontrovertibile: la sofferenza, la morte e la distruzione che si sta seminando per tutto il territorio ucraino.
La polarizzazione del dibattito
Capire però quali notizie sono attendibili e quali no è veramente difficile, dal momento che la propaganda della guerra è fortissima ed è la stessa che abbiamo già vissuto per i conflitti in Iraq, in Vietnam, in Serbia e in tutte le parti del mondo. Il minimo comune denominatore di tutte queste guerre e dell’aspetto mediatico ad esse collegato è lo stesso: la polarizzazione. Lo ha spiegato ai microfoni del Corriere della Sera Walter Quattrociocchi, esperto di comunicazione, disinformazione e fake news nonché docente di Informatica della Sapienza di Roma, dove guida anche il laboratorio dedicato a Data and Complexity for Society. “È vero che nel dibattito c’è una polarizzazione fortissima. C’è un modello “macro” che ha da una parte chi è contro Putin e dall’altra chi lo sostiene. Ma all’interno dei due schieramenti si creano fratture più piccole, che innescano meccanismi come quello delle ‘echo chamber’ dove ognuno trova una sua narrativa. Il meccanismo ricorsivo è quello dell’indignazione e della creazione del nemico. Di questa dinamica la disinformazione è parte integrante”, ha spiegato
I consigli del New York Times
E in questa guerra di fake news è intervenuto anche il giornale più importante del mondo, il New York Times, che ha pubblicato una semplice guida per i naviganti. Un vademecum “importante, perché tutti abbiamo il diritto alla verità. E più facciamo per inquinare l’ambiente dell’informazione, peggio sarà”, così Joan Donovan, direttore del Shorenstein Center on Media, Politics and Public Policy di Harvard. Le regole sono poche ma efficaci: capire chi sta condividendo il contenuto che anche noi vorremmo ricondividere, verificare se l’account fonte ha la spunta blu o se sono reporter effettivamente sul posto, lasciar perdere gli account con numeri nel nome perché spesso sono account falsi, evitare post con troppi hashtag e verificare sempre le fonti.
Solo così infatti ci si può muovere tra le notizie, spesso false, che arrivano dal conflitto.